Creativi

Qual è il tuo lavoro?

Sono un Motion Designer e vivo a Torino. Ho la fortuna o la sfortuna di essere piuttosto poliedrico nel campo dell'audiovisivo e quindi faccio dalla ripresa live action alla creazione di grafiche in movimento. Nella maggior parte dei casi, il punto di arrivo è presentare al cliente/fornitore un prodotto finale che sia la presentazione della sua attività. E poi ci sono altri tipi di animazione per vari obiettivi, per cui non mi limito a realizzare video di comunicazione ma anche loghi e grafiche animate.

Cosa significa essere un "creativo"?

Non mi sento un creativo, o meglio, non mi convince la definizione in sé. È un po' come dire: "Questo prodotto è nuovo!"... È una caratteristica che nel tempo non sarà più vera, perché quel prodotto domani sarà vecchio. Può sembrare che non c'entri molto con "creativo", ma li vedo entrambi come termini troppo stereotipati. Poi di fatto sì, in questo lavoro siamo creativi. Però più che un continuo sprizzo di idee è qualcosa che man mano si allena, perché con l'esperienza riesci a capire quali possono essere le strade migliori per sviluppare un'idea. Come l'inventore, il creativo è qualcuno che riesce a trovare un altro punto di vista, a creare qualcosa di "nuovo". Però è qui che vedo la contraddizione, perché magari non lo è affatto, nuovo, magari lo è per te in quel momento ma dall'altra parte del mondo qualcuno l'ha già fatto. È un termine che amo e odio.

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Come affronto un colloquio?

Purtroppo o per fortuna viviamo in un mondo che ha convenzioni sociali, regole di buon costume e di "presentabilità". Presentarsi in maniera curata fa parte di quegli aspetti valutati in maniera positiva nell'immaginario comune. Arrivare a un colloquio ordinato, profumato, vestito bene, aiuta chi hai di fronte a immaginare una certa cura anche nel lavoro che fai. E poi, forse sembra scontato, sono dell'idea che quando si ha l'occasione di un colloquio di lavoro sia importante dimostrarsi interessati, attivi e reattivi. Cercare di presentarsi nel miglior modo possibile, enfatizzando i propri punti di forza.

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Cosa si aspetta da me il team?

Credo che il bello del lavorare in team sia il confronto, per me è un aspetto molto importante. Quando devo pensare a uno storyboard, ho bisogno di visualizzare una storia ed è di grande aiuto avere un'altra persona con cui confrontarmi, che magari mi dà una mano con la parte grafica o che comunque lavora al progetto e sa di cosa stiamo parlando. La potenza del brainstorming è esponenziale, se io dico: "Giallo", tu dici "Sole", è tutto a crescere, mentre da soli è molto più difficile. Quindi una qualità importante è l'ascolto, proprio per poter agevolare questo confronto che porta a idee nuove. Non è sicuramente facile, né l'ascoltarsi né l'accettare l'idea dell'altro. Però poi ti rendi conto che dall'altra parte c'è effettivamente qualcosa che può funzionare o che può diventare ancora più forte con il tuo supporto, e allora è sicuramente meglio per tutti.

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Cosa si aspetta da me il capo?

Riporto una caratteristica che ho sentito dalla mia responsabile di progetto e che credo sia emblematica: essere proattivo. Io lo intendo come "faccio il mio lavoro ma non mi fermo lì". Perché purtroppo spesso diamo per scontato che se ho un lavoro, quello è. Essere proattivo vuol dire aggiungere qualcosa in più. Che può essere portare avanti il proprio lavoro in un modo nuovo – che magari non conosco benissimo ma trovo gli strumenti per imparare a farlo. Può essere proporsi per un progetto o per essere responsabile di qualcosa. Ovviamente con coscienza secondo le proprie capacità, cercando allo stesso tempo di spronare se stessi ad arrivare a un livello più alto.

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Partita IVA: e se poi me ne pento?

Aprire partita IVA è indubbiamente un salto nel buio, c'è sempre un po' la paura di rimanere senza lavoro. Perché a meno di occasioni particolari che ti offrono una collaborazione regolare – sono le migliori ma non è facile trovarle – avere continuità lavorativa non è facile. Questo può fare paura, perché per arrivare ad avere una certa regolarità bisogna avere un giro di clienti abbastanza importante. Io consiglio di iniziare con la ritenuta d'acconto, anche se purtroppo ha un tetto massimo ancora bassissimo... Con 5mila euro non riesci ancora a capire se hai il giro per sostenere una partita IVA, che comunque ha costi importanti. Se hai l'indole da libero professionista, in qualche modo capisci subito se funziona o no. Per me ha funzionato una situazione intermedia, collaborando con uno studio. Questo garantisce una certa continuità, visto che lo studio è più grande e ha molti più clienti di quanti potrei trovarne da solo. Magari riesci ad avere collaborazioni anche con più studi. L'importante è creare una rete e molti contatti, finché non sei pronto da questo punto di vista non conviene buttarsi nella partita IVA.

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Come si diventa bravi nel proprio lavoro?

È difficile trovare costantemente soddisfazione in quello che si fa. Magari non tutti i clienti hanno bisogno di un lavoro fatto esattamente secondo i nostri standard di qualità. A qualcuno basta anche qualcosa di meno, che gli costi meno, e allora storciamo il naso pensando: "Cavoli, vorrei fare una cosa più figa però non ho il budget". Se non c'è la possibilità economica l'entità del progetto sarà ridotta, ma devo accettarlo anche se non è esattamente come vorrei che fosse. Conosco molti che, se il progetto non dà loro la possibilità di esprimersi con il massimo grado di qualità, piuttosto non lo fanno. Però io penso che essere bravi nel proprio lavoro voglia dire anche sapersi adattare alle esigenze del cliente, a fin di bene, per sé stessi. Perché significa che riesci a fare una cosa magari qualitativamente più bassa ma che comunque soddisfa il cliente e anche lo studio, perché intanto hai portato a casa un lavoro. Invece ostinarsi a mantenere una qualità esagerata, solo per soddisfare sé stessi... Poi si finisce o a dover chiudere lavori che diventano infiniti, o ad avere troppo poco budget: in ogni caso con un'insoddisfazione da qualche altra parte. Dove possibile, bisogna riuscire a cogliere il buono da tutto.

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Dovrei restare in Italia?

Credo che l'Italia sia un Paese dove c'è un sacco di richiesta: tante possibilità, tanti studi e tante realtà che hanno bisogno del nostro lavoro. Probabilmente se avessi avuto grossa difficoltà a trovare lavoro e avessi avuto una grande occasione all'estero, mi sarei spostato. Però dal momento che sono riuscito a gestire abbastanza bene il lavoro e potendo mantenere gli affetti che ho qui, ho deciso di rimanere senza andare a cercare all'estero. E poi c'è anche il fatto dell'orgoglio: per me è un piacere poter offrire le mie capacità "a casa". Forse sembra tanto patriottico! Però il piacere è anche di stare qui, in Italia, e magari lavorare con l'estero rimanendo qua.

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Un consiglio per i giovani designer?

Più che da designer a designer, un consiglio da lavoratore a lavoratore. Se hai un obiettivo – e sei appassionato e vuoi raggiungerlo – vai anche in capo al mondo e fai tutto ciò che vuoi. Quindi se vuoi essere designer, lavora per esserlo e lo sarai. Sono convinto di questo.

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