Creativi

Un'esperienza di lavoro all'estero è fondamentale, perché ti dà dieci anni di lavoro qui.

Qual è il tuo lavoro?

Faccio la Business Writer, cioè lavoro con aziende, pubbliche amministrazioni e a volte privati su ciò che è la scrittura professionale – quella che chiamo la "scrittura non sexy". Non mi occupo di narrativa ma di e-mail, testi per siti internet, report tecnici, policy... Tutti quei testi un po' noiosi che però non vuol dire che debbano essere scritti male. Mi occupo di dare un po' di animo e cuore ai testi, semplificandoli al massimo. Insegno scrittura anche all'interno di aziende, per imparare a scrivere in maniera chiara e pensata sulle persone, quindi mettendo al centro chi legge e non chi scrive.

Come devo scrivere il curriculum?

Lavoro molto sul tema curriculum, insegno alla scuola Holden e con i ragazzi ci lavoriamo moltissimo. Credo che un domani non servirà più, almeno non quello in formato europeo, a meno che non venga richiesto. Consiglio un semplice curriculum in formato libero, che salvaguardi molto la leggibilità e la facilità di trovare le informazioni, che devono essere brevi e quelle fondamentali. Credo invece molto nella parte di accompagnamento del curriculum, che può essere l'e-mail o il testo da inserire quando compili un form di contatto. È la parte importante, l'unica parte decisiva di un curriculum. Tutte le energie devono essere spese per costruirti quelle dieci frasi che parlino di quello che sei oltre a quello che vuoi fare. Sono le parti fondamentali dove devi raccontarti, usare un po' di linguaggio narrativo, dare il profumo di quello che sei. Perché cos'hai studiato o le competenze che hai si possono andare a verificare sul curriculum, ma cosa sei e chi sei, no. È questa la parte che invoglia le persone a chiamarti per un colloquio.

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Soft skills... cioè?

Nel curriculum tutti scrivono che hanno competenze di Team working e Problem solving: chi fa recruiting non legge più queste frasi. Quello che consiglio – anche nelle mie puntate podcast per Storytel – è di raccontare invece situazioni, progetti, lavori in cui queste competenze sono state messe in pratica. Per me sono fondamentali due cose: l'approccio, attivo e partecipe, e la motivazione, salda e forte. In più, la voglia di mettersi in gioco, anche in territori poco esplorati.

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Come affronto un colloquio?

Un colloquio sarebbe da affrontare in maniera tranquilla, anche se è come quando ti dicono: "Stai calmo". Se sono agitato, non sto calmo! Bisogna andare consapevoli che non è un esame di stato che ti mette un voto, perché durante il colloquio stai facendo anche tu l'esame a chi ti sta intervistando. È uno scambio, anche tu devi capire se quella realtà potrebbe andare bene per te. Quindi rimani rilassato e coerente con quello che sei. È inutile metterti in giacca e cravatta se fino a un attimo prima eri in jeans, perché risulterai poco consono. Consiglio soprattutto di essere molto disponibile a raccontare di te. I miei amici recruiter mi dicono che spessissimo le persone cadono quando si sentono rivolgere domande più personali, tipo: "Mi parli di lei". Cadono tutti... non si può cadere lì! È fondamentale e, a parità di competenze, è quello che ti distingue da un altro.

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È importante l'esperienza in una grande azienda?

Per quello che ho visto, si nota tanto quando hai fatto un'esperienza in una grande azienda. Si nota perché ti rapporti in modo diverso con i tuoi interlocutori: sai parlare, sai leggere nelle riunioni chi comanda davvero e non hai timore reverenziale se ti presentano a un CEO. Così come sai benissimo che il potere passa dalle segretarie di direzione! Quindi l'esperienza in una grande azienda è positiva. Comunque, se è una cosa che non hai mai fatto, non è fondamentale, le cose che ancora non sai le imparerai!

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Il "posto fisso" è passato di moda?

Il posto fisso sì, è passato di moda, e soprattutto questo deve passare nella testa delle persone. Lo noto anche nei giovani, viviamo in un retaggio culturale per cui c'è ancora questa idea che ambire al posto fisso significa ambire a una posizione che "ti mette tranquillo". Oggi non esiste più la tranquillità, neanche per chi ha un posto fisso, perché dall'oggi al domani la situazione può cambiare. I contratti di lavoro permettono alle aziende una certa scioltezza nel fare a meno delle persone. Il posto fisso è una questione più mentale che reale.

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Partita IVA: e se poi me ne pento?

La partita IVA non devi aprirla ad occhi chiusi: parlane con un bravo consulente del lavoro o con un commercialista, fatti spiegare cosa comporta, quali sono i costi e soprattutto spiegagli il lavoro che vuoi fare e a chi ti vuoi rivolgere, perché magari ci sono soluzioni che non conosci. Quando ho iniziato avevo un contratto para-subordinato e ancora adesso alcune aziende pagano così, perciò in quel caso non hai bisogno di aprire la partita IVA. Se invece pensi di metterti in proprio, di collaborare con altri freelance o agenzie, la partita IVA è fondamentale.

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Voglio mettermi in proprio: da dove inizio?

Bisogna usare il web e i canali social per la loro forza. Inizia andando a vedere come lavorano i migliori, quelli che ti piacciono, e poi impara "copiando". Devi assolutamente studiare cosa fanno all'estero, in tutte le professioni e soprattutto in quelle creative.

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Come devo parlare con il cliente?

Con il cliente bisogna parlare in maniera molto rispettosa ma paritaria. Bisogna essere molto chiari e diretti nelle cose che si dicono, specificando bene quello che sai fare e non millantando cose, perché poi ti scoprono e fai una bruttissima figura. Bisogna togliersi tante paure, io dico sempre: "Come a scuola, se non capisci devi chiedere". Mi accorgo che può apparire forse troppo diretto, ma spesso ai clienti dico: "Non ho capito, cos'è che vuole?". Perché se non ti è chiaro non puoi fare un'offerta, e non sai neanche valutare se ciò che ti viene chiesto lo puoi fare.

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Dovrei specializzarmi o sapere di tutto un po'?

Bisogna trovare la propria nicchia, non credo a quelli che dicono di saper fare tutto. Devi saper fare meglio alcune cose e mettere in evidenza ciò che più ti piace fare o quello che in quel momento è più richiesto, saranno poi gli altri a chiederti se sai fare anche altre cose.

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Come si trovano i clienti?

La rete che ti crei porta clienti e poi, piano piano, arrivano anche i clienti che ti assomigliano. Non c'è un vero e proprio modo per farsi conoscere, bisogna lavorare sodo e mettere in mostra il lavoro che sai fare. Conta ancora tanto il passaparola, perché se lavori bene per un'azienda, la voce gira. È giusto conoscere le persone online, però bisogna farlo anche nella vita reale: vai ai convegni di settore, ascolta, presentati e parla. Cercarsi i clienti è un lavoro e mantenerseli è ancora un altro tipo di lavoro!

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Come dovrei presentare il mio lavoro?

Le professioni creative devono avere molta cura nel dimostrare che cosa sanno fare. Magari attraverso piccoli video di racconto, riprese di alcuni lavori fatti, grazie a testimonianze o attraverso delle foto. Bisogna rendere vivi i propri lavori, altrimenti diventa difficile per le persone capire che cosa fai. Vale l'espressione degli sceneggiatori americani: "Show, don't tell". È più importante quello che mi fai vedere di quello che mi racconti.

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Come sopravvivere a una deadline?

Le scadenze devi cercare di rispettarle sempre e l'ansia te la devi far passare, perché se ne hai troppa non riesci a fare nulla... Però un po' d'ansia ci vuole anche, perché dà il sale! Vicino alla scadenza dai il massimo perché hai l'adrenalina, dormi poco ma non importa. Però devi fare attenzione, perché se ci sono tante deadline ravvicinate devi avere l'energia per affrontarle, bisogna inventarsi la maniera di resistere. La programmazione è fondamentale ma è sotto data che dai il massimo, mi vergogno un po' a dirlo ma è lì che rendo di più!

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Dovrei restare in Italia?

Se puoi farla, un'esperienza di lavoro all'estero è fondamentale perché ti dà dieci anni di lavoro qui. Anche solo per il fatto che per sei mesi hai parlato una nuova lingua, hai lavorato con un team di lavoro internazionale e hai respirato una nuova aria. Tornassi indietro studierei molto meglio la lingua inglese e mi proietterei molto di più all'estero.

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Un consiglio per i giovani designer?

Il mio consiglio è di imparare in continuazione, perché le novità arrivano da qualsiasi fonte e i designer, in particolare, devono vivere nel mondo, leggere libri, guardare film, andare a fare il cammino di Santiago... Immergiti nel mondo, perché è il mondo che fornisce stimoli. Non aver paura di imparare e non aver paura di vivere, perché più ti trattieni dal vivere meno avrai risorse da usare nel tuo lavoro.

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