Creativi

Il collaboratore perfetto è quello che quando porta un problema porta anche una soluzione.

Qual è il tuo lavoro?

Da circa 30 anni mi occupo di Comunicazione, sotto vari aspetti. Sono stato a lungo un imprenditore, nel senso che ho avviato delle agenzie di comunicazione e di relazioni pubbliche. Da novembre 2018 sono il Responsabile della Comunicazione della città di Torino.

Cosa succede dopo l'università?

Il mio è un caso molto fortunato: finiti gli studi ho fatto un master e uno dei docenti mi ha chiesto di lavorare con lui. Non sono stato neppure un giorno senza lavoro, ma la considero una grande fortuna. Finita l'università bisogna muoversi, conoscere e proporsi. Non solo mandare il curriculum in giro, ma anche frequentare quei luoghi dove si trovano i professionisti che fanno il lavoro che vorresti fare tu. Non aspettare la fine del percorso di studi per farlo... Gioca d'anticipo!

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Come devo scrivere il curriculum?

Il curriculum è sicuramente importante perché è un modo molto sintetico per presentarsi, utile soprattutto a chi ne riceve tanti e non ha sempre il tempo di approfondire. Sicuramente è una cosa da fare, e da fare bene. È importante mettere le proprie esperienze – non tutto quello che hai fatto nella vita ma le cose che ritieni più significative in funzione del lavoro che stai cercando. Spesso guardo anche le altre esperienze, non soltanto quelle vicine al tipo di lavoro per cui ti candidi. Ad esempio una persona che gioca in una squadra per me vuol dire che ha una certa capacità di inserirsi in team, rispetto ad altri che fanno attività più solitarie. Quindi a seconda di quello che sto cercando vado a vedere quelle che sono le attitudini, gli hobby, le attività extra-lavorative. Anche queste esperienze ci danno un sacco di informazioni sul candidato.

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Come affronto un colloquio?

Per il colloquio dico sempre una cosa: non bisogna essere formali o informali, bisogna essere coerenti con il contesto per il quale ci si presenta. Per cui prima di andare da un cliente devo studiare il posto e cercare il più possibile di risultare coerente con quell'ambiente. Se si tratta di un ambiente molto formale, dovrò essere formale, anche se la mia indole è diversa. Se devo andare a lavorare dove c'è un dress code, cercherò di adeguarmi a quel dress code. Se invece devo andare a lavorare per MTV, magari non sarò formale. Non c'è un'unica risposta, la regola è cercare di essere coerenti con il contesto nel quale ci si vuole inserire.

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È importante l'esperienza in una grande azienda?

È meglio iniziare da realtà di dimensioni contenute, perché hai la possibilità di imparare di più, vedere più cose, e hai fin da subito alcune responsabilità sui lavori. In una grande azienda ci metti più tempo a crescere e imparare, perché sei uno dei tanti. Il lato positivo è che spesso in una grande azienda succede di lavorare su progetti di grande respiro, e questo può essere molto gratificante. Però per iniziare, consiglio di partire dal piccolo e poi andare verso il grande.

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Il "posto fisso" è passato di moda?

Desiderare il posto fisso non è né giusto né sbagliato... Dipende da diversi fattori. Ho fatto il dipendente per una decina d'anni, poi sono stato imprenditore per quindici anni e adesso sono nuovamente dipendente. In entrambi i casi ho trovato aspetti positivi e aspetti negativi. Il contratto a tempo determinato è molto utile per la vita di tutti noi. Il posto fisso, quel posto di lavoro che non cambi mai nel corso della vita, non esiste più, soprattutto nei lavori creativi. Una delle opportunità dei lavori creativi è vedere tante cose diverse... Non consiglierei mai a nessuno di passare trent'anni nella stessa azienda.

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Cosa si aspetta da me il capo?

Per la mia esperienza da capo, mi aspetto due cose. Da un lato l'ottenimento dei risultati, non solo di tipo economico ma anche in termini di raggiungimento degli obiettivi prefissati. Dall'altro lato la risoluzione dei problemi: da chi lavora con me mi aspetto che non porti solo problemi, ma anche soluzioni. Il collaboratore perfetto è quello che quando porta un problema, porta anche una soluzione.

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Lavorare da casa è una buona idea?

Lavorare da casa è una tendenza sempre più sentita e dibattuta, sia per motivi pratici e di contenimento dei costi, sia perché risolve alcune problematiche pratiche e logistiche. Personalmente non giudico positivamente lavorare da casa principalmente per due ragioni: la prima è che desidero avere dei momenti di separazione tra la vita privata e quella lavorativa, e lavorare da casa spesso ti costringe a fare un miscuglio da cui è difficile uscire; la seconda è che lavorare da casa non sempre viene giudicato positivamente dai clienti. Se hai aspirazioni importanti avere un ufficio ti aiuta, perché dai un'immagine di te più professionale.

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Meglio soli... o ben accompagnati?

Sono convinto che i lavori creativi vadano fatti in team. "One man show" non esiste, dovresti essere un genio per fare un lavoro creativo da solo, perché il lavoro creativo richiede puntualmente il confronto con altre teste. Molto meglio ben accompagnati, lavorare da soli è più complicato e si rischia di essere autoreferenziali.

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Come do un prezzo al mio lavoro?

Il prezzo è un mix di cose. Nei lavori creativi, il primo elemento è la tua esperienza, il secondo la tua autorevolezza e il terzo i clienti per i quali hai già lavorato. Questi tre elementi ti consentono di posizionarti professionalmente in un certo modo e quindi di fare un certo tipo di prezzo. È chiaro che se non hai ancora questi tre elementi e stai iniziando, i parametri da valutare sono le ore che ci metti e i prezzi medi del mercato. Se vuoi entrare in un mercato che ancora non ti conosce, starai un po' sotto il prezzo medio e così via. Devi tararti anche sul momento in cui stai facendo quel tipo di lavoro: se è un periodo in cui sei oberato di lavoro, alza i prezzi. Se sei "a spasso", magari tieni i prezzi più bassi.

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Come parlo di soldi con il cliente?

Bisogna essere schietti e molto naturali... Non c'è niente di male a parlare di soldi con il cliente! Sulla parte economica bisogna mettersi d'accordo prima di iniziare il lavoro, perché se lo fai dopo di sicuro sorgono problemi e discussioni.

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Come devo parlare con il cliente?

Il cliente pensa di sapere tutto ma devi dimostrargli che ne sai un pochino in più di lui. È abbastanza semplice perché se fa un mestiere completamente diverso dal tuo e non è un creativo, gli puoi dimostrare che sei "più creativo" di lui. Il cliente dev'essere accompagnato: devi fargli capire che gli stai proponendo la cosa giusta, hai studiato la situazione, hai capito l'esigenza e hai formulato la soluzione migliore per quel problema. Il cliente va rassicurato, vuole avere qualcuno vicino che gli risolva dei problemi ma questo non significa blandirlo, bisogna anche saper dire di no. Ad esempio, tanti anni fa avevo un cliente che fabbricava bulloni e voleva fare a tutti i costi uno spot televisivo. Uno spot televisivo per una realtà che produce bulloni è un'assurdità, perché sono soldi sprecati e c'è una dispersione gigantesca del messaggio. La responsabilità del comunicatore è far capire al cliente qual è lo strumento migliore per le sue esigenze, e non eseguire soltanto quello che il cliente chiede di fare.

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Il cliente ha sempre ragione?

Il cliente ha abbastanza ragione, perché è il cliente. Non significa che deve permettersi di trattarti con poco rispetto, ma sull'oggetto su cui si sta lavorando ha diritto di chiedere delle modifiche. C'è un punto di equilibrio che bisogna trovare. Se c'è una cosa proprio sbagliata, al cliente bisogna dirlo, ma lui ha comunque la facoltà di dire: "Anche se è sbagliata, io la voglio fare lo stesso" – in termini di comunicazione, "è sbagliata" significa che, ad esempio, una certa iniziativa non sarà efficace e quindi a mio parere il cliente sta buttando soldi. Detto questo non faccio il braccio di ferro con il cliente, a un certo punto mi arrendo.

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Devo essere un mago dei programmi?

È importante imparare a usare gli strumenti tecnici ma non credo sia necessario essere dei maghi, a meno che tu non voglia diventare "il guru" dei programmi. Sicuramente devi conoscerli e sapere qual è il panorama. Ad esempio, alla tenera età di 52 anni, ho seguito un master di Digital PR. Sono andato a fare un master, non come docente ma come studente, perché sentivo il bisogno di approfondire degli argomenti. Non mi sono vergognato, anzi ero felicissimo, perché finito il precorso il mio bagaglio di competenze era superiore a quanto lo fosse in partenza.

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Dovrei specializzarmi o sapere di tutto un po'?

Sono per la specializzazione e mi sembra che il mercato vada in quella direzione. È anche vero che se vuoi fare strategie di comunicazione, devi avere un panorama abbastanza ampio... Però a un giovane creativo, oggi, consiglierei di specializzarsi.

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Come si trovano i clienti?

Se sapessi come si trovano i clienti... Sarei milionario :) I clienti buoni si trovano attraverso il passaparola: le persone parlano bene di te e quindi consigliano la tua attività professionale ad altri. Nel nostro lavoro il passaparola è una delle risorse migliori in assoluto. Il modo migliore è che gli altri parlino bene di te e ti consiglino a potenziali clienti. È così che si trovano i clienti migliori, non mettendo annunci o facendo advertising.

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Come dovrei presentare il mio lavoro?

Presentare il tuo lavoro è molto importante, perché la tua credibilità dipende dalle cose che hai fatto e dai clienti per i quali hai lavorato. Non puoi fare "le pagine gialle", nel portfolio devi mettere i lavori più significativi e più interessanti. Consiglio un portfolio che sia un po' elastico, perché se vado in un'azienda che fabbrica bulloni racconterò delle cose, se invece mi presento a un'azienda che fa fashion ne racconterò delle altre. Il portfolio deve trasformarsi a seconda degli interlocutori che incontri.

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Come risollevarsi da un fallimento?

Bisogna prendere un po' dalla logica anglosassone: fare errori o fallire sul lavoro ti aiuta a costruire il tuo percorso professionale. Nel medio e lungo periodo il fallimento può essere un'esperienza positiva perché ti insegna delle cose. Non per essere ottimisti per forza, ma perché si impara sia dalle esperienze positive che da quelle negative. Sbagliare fa parte del gioco... Chi di noi non l'ha fatto?! Sono consapevole di aver fatto errori nel corso della mia carriera, anche grandi, e questo mi è servito a evitare di rifarli. Da un fallimento non devi risollevarti, nel senso che non ce n'è bisogno: volti pagina e vai avanti. Il fallimento è un mattoncino che ti consente di costruire il tuo futuro professionale, così come i successi. Nel mondo anglosassone questo è assolutamente normale e non esiste il concetto di "fallimento".

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Un consiglio per i giovani designer?

Ai giovani designer dico di avere grande fiducia nelle proprie possibilità e di non essere negativi, perché non è vero che il mondo intorno è "brutto e cattivo e non mi capisce". Spesso abbiamo la tendenza a non uscire dal guscio ma bisogna mettere davanti la propria personalità, distinguersi dagli altri e uscire dal gregge... Sono cose che fanno la differenza.

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