Da dipendente

Cosa si aspetta da me il capo?

Oltre al caffè.

24 risposte

Ci sono capi che diffondono il terrore. Io non voglio che le persone abbiano paura di me, voglio che abbiano stima di me e che mi facciano presente quando ho avuto una buona idea o se ho fatto un buon lavoro.

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Dai collaboratori ci si aspetta un pensiero laterale: essere sempre propositivi, non fermarsi solo alla propria mansione ma andare oltre, individuare nuove opportunità per migliorare la propria azienda. Dai flussi interni, al miglioramento delle relazioni a trovare nuovi business. Sono tutte caratteristiche che distinguono un semplice lavoratore da un professionista capace di migliorare il luogo in cui lavora.

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Rispettare i tempi e arrivare in orario rispetto a un impegno preso è molto importante. Poi con una certa flessibilità, se hai un contrattempo e mi avvisi per tempo non c'è problema perché riesco a organizzarmi. Una cosa che non amo tanto è quando do un compito e la persona incaricata sbuffa perché pensa che sia noioso. Bisogna entrare nell'ottica che, soprattutto nelle piccole aziende dove tutti fanno un po' di tutto, ci sono giorni in cui capita di fare cose magari meno belle o meno creative del solito.

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Il capo si aspetta che tu faccia almeno un ragionamento fuori dagli schemi per migliorare la competitività e l'organizzazione. Me ne basta uno.

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Una cosa che valuto molto è il rispetto del tempo, non il rispetto della scadenza, proprio il rispetto del tempo che impieghi per svolgere un lavoro. L'ottimo è nemico del buono. Non puoi pensare di fare una cosa meravigliosa e metterci tre mesi: non è meravigliosa. Quando lavori in un gruppo e il lavoro degli altri dipende dal tuo, è fondamentale essere in comunicazione e rispettare il tempi, se no crolla tutto.

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Per la mia esperienza da capo, mi aspetto due cose. Da un lato l'ottenimento dei risultati, non solo di tipo economico ma anche in termini di raggiungimento degli obiettivi prefissati. Dall'altro lato la risoluzione dei problemi: da chi lavora con me mi aspetto che non porti solo problemi, ma anche soluzioni. Il collaboratore perfetto è quello che quando porta un problema, porta anche una soluzione.

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Il capo si aspetta ragionevolezza, cioè che tu capisca cos'è importante per il progetto. Se il cliente o il tuo responsabile ti chiede una cosa, perché per quel progetto è la cosa giusta da fare, anche se magari non è la cosa che piace a te, devi essere ragionevole e comprenderlo. Devi capire quando è il momento di sostenere una soluzione diversa che reputi migliore per il progetto e soprattutto devi saperlo dimostrare, in modo costruttivo, senza impuntarti per partito preso. Poi quello che apprezzo è l'autonomia, quando una persona non viene da me ogni due secondi per chiedermi cosa deve fare, cosa non deve fare, ma autonomamente riesce a capire e a gestire il progetto. È importante che il team riesca a organizzarsi anche in maniera indipendente, senza che ci sia una supervisione costante al 100%.

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Innanzitutto credo che, come dipendenti, sia indispensabile scegliersi dei bravi capi. Ci sono capi che sono teste di cazzo, e le teste di cazzo vanno sempre evitate. Certe persone non hanno stima dei propri dipendenti, non li fanno crescere e non hanno rispetto del lavoro altrui. Questi sono cattivi capi e cattive persone: io non voglio lavorarci, e se puoi non lavorarci nemmeno tu. Detto questo, sicuramente è importantissimo assumersi le proprie responsabilità, farsi avanti per dire: "Ok, questa responsabilità me la prendo io", ed essere pro-attivi nel farlo. Una cosa da non fare è invece tenersi le cose dentro: se alcuni atteggiamenti non ti convincono, dillo, trova il modo di creare momenti in cui possiate parlarne.

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Personalmente, valuto molto bene la capacità di apprendere in fretta e di voler diventare autonomi sui processi. Al contrario, ciò che proprio non mi piace è l'evitare di dare qualsiasi contributo personale attenendosi solo a quanto espressamente richiesto dalla consegna.

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Un comportamento che sicuramente viene valutato in maniera positiva dal capo o da un supervisore, è quando ci si assume delle responsabilità anche se non è stato esplicitamente richiesto.

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Assumersi la responsabilità è importantissimo. Il capo si aspetta che seguiate il lavoro che vi è stato affidato nel migliore dei modi possibili, cercando di avere un cliente soddisfatto e il lavoro più bello possibile, in modo che anche lo studio ne tragga giovamento. Significa sicuramente essere accountable. Essere una persona che sa quale compito gli è stato affidato e lo svolge in modo proattivo, cercando di risolvere i problemi nel momento in cui nascono o cercando di anticiparli. Una persona che cerca di capire il cliente, non per forza dicendo sì a tutto ma dicendo anche no a determinate cose, con cognizione di causa. Ovviamente non sarà così da subito, non è che chi entra deve averlo sin dal primo momento, ma sicuramente devono esserci passione per il settore e voglia di prendersi delle responsabilità. Cose che da noi già uno stagista ha.

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Il capo valuta l'impegno e la passione.

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La vita di ufficio è fatta di prassi e quotidianità (tipo pulire i piatti, tenere ordinate le cose, buttare l'immondizia) e in una realtà piccola come siamo noi, difficilmente può avere a che fare con la gerarchia. Sarebbe bello evitare un atteggiamento da "io sono dipendente, quindi queste cose non le faccio". Perché sei anche un abitante di uno spazio comune. Come capo mi aspetto che non ci siano atteggiamenti spocchiosi nei confronti degli altri e, viceversa, neanche miei rispetto a loro. Il rispetto reciproco è per me imprescindibile. Lavorativamente parlando, mi aspetto che si tenga fede alle parole, alle necessità e agli impegni presi. Difficilmente dico alle persone: "Mi serve questa cosa entro due giorni", più spesso ci diciamo, "Ok, quanto tempo ti serve per fare questo?". Benissimo, però aggiornami se qualcosa va male, e cerca di rispettare l'impegno. Fa parte dell'assumersi le responsabilità. Un'altra cosa che mi aspetto dai collaboratori (faccio fatica da morire a chiamarli dipendenti!) è che portino il loro apporto critico-costruttivo o punto di vista diverso. Gli "Yes Men" non mi interessano, non ci faccio niente con persone che mi dicono che ho ragione io. Mi interessa che trovino anche il modo di dirmi che non sono d'accordo, così da far cose che funzionino meglio.

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Apprezzo chi si prende le proprie responsabilità seriamente anche se piccole, chi porta avanti un compito fino alla fine e chi mantiene il sangue freddo nelle situazioni difficili o di stress.

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In una realtà piccola come quella dove lavoro, ciò che apprezzo di più è la multidisciplinarietà. Se un mio collaboratore riesce ad essere produttivo in più ambiti, questo ha per me un valore inestimabile: purtroppo quando si è in pochi non è possibile focalizzarsi troppo su una specificità lavorativa. Sicuramente non apprezzo chi scarica il proprio lavoro sugli altri, così come chi non riesce a fare almeno un sorriso in risposta a una battuta estemporanea.

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Il capo si aspetta puntualità, intraprendenza e onestà.

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Dalle esperienze che ho avuto in passato mi sono reso conto che è molto apprezzato quando hai una tua iniziativa personale, quando cerchi di spingere per una direzione precisa, perché dai dimostrazione che ti interessa quello che stai facendo. Il rischio è sempre che a un certo punto finisci per dire: “Ok, so che lui vuole che io faccia così, quindi glielo faccio esattamente come se lo aspetta". Ma questo atteggiamento fa perdere uno scambio costruttivo e toglie valore al tuo lavoro.

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Il capo stima una persona che porta a termine i propri compiti senza perdere tempo.

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Il capo si aspetta da te le stesse qualità che si aspetta il team: lealtà, comprensione, supporto, professionalità.

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Riporto una caratteristica che ho sentito dalla mia responsabile di progetto e che credo sia emblematica: essere proattivo. Io lo intendo come "faccio il mio lavoro ma non mi fermo lì". Perché purtroppo spesso diamo per scontato che se ho un lavoro, quello è. Essere proattivo vuol dire aggiungere qualcosa in più. Che può essere portare avanti il proprio lavoro in un modo nuovo – che magari non conosco benissimo ma trovo gli strumenti per imparare a farlo. Può essere proporsi per un progetto o per essere responsabile di qualcosa. Ovviamente con coscienza secondo le proprie capacità, cercando allo stesso tempo di spronare se stessi ad arrivare a un livello più alto.

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Questa domanda è un po' difficile, non avendo un capo vero e proprio non ho ancora una risposta. Penso che la differenza tra il capo e il cliente sia che il cliente in un certo senso va soddisfatto di più, con il capo puoi anche litigarci, se è la persona con cui puoi farlo. Se credi veramente in quello che fai, mostrarti solido su una posizione è un valore aggiunto che io da capo riconoscerei e apprezzerei.

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La prima cosa è l'iniziativa. Riuscire ad essere indipendenti e creativi, cioè riuscire a risolvere una questione in modo autonomo. Non va bene chiedere in continuazione conferma per essere rassicurato, questa forse è la cosa più sbagliata. Allo stesso tempo bisogna arrivare all'obiettivo in modo efficace: quindi se ti accorgi di essere nella direzione sbagliata, allora in quel momento è giusto chiedere un confronto. Purché sia costruttivo. È fondamentale mostrarsi propositivi e far vedere che si ragiona sulle possibili soluzioni.

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In quanto "capo" mi aspetto due atteggiamenti che possono sembrare opposti. Che una persona sia realistica e segua bene il cliente nelle sue richieste giornaliere ma che abbia anche degli spunti rivoluzionari. Deve fare bene il lavoro di tutti i giorni ma avere la coscienza che a volte c'è da osare verso ciò che non rientra nel confortevole o nel già fatto. Nel lavoro creativo ci si stanca molto, c'è il rischio di sedersi ed è interessante quando una persona dimostra di essere capace di generare novità.

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Quello che mi aspetto dai componenti del team è quello che penso che il team debba aspettarsi da me: disponibilità, impegno, organizzazione. Ovviamente, in quanto team leader, ho anche responsabilità maggiori e devo aiutare il team a crescere. Atteggiamenti da evitare: l'incompetenza, la chiusura verso cose nuove, dire di no.

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