17 risposte
Sì, consiglio di restare in Italia! Per me il viaggio o l'esperienza all'estero è da intendere come strumento di scoperta e crescita.
Se puoi farla, un'esperienza di lavoro all'estero è fondamentale perché ti dà dieci anni di lavoro qui. Anche solo per il fatto che per sei mesi hai parlato una nuova lingua, hai lavorato con un team di lavoro internazionale e hai respirato una nuova aria. Tornassi indietro studierei molto meglio la lingua inglese e mi proietterei molto di più all'estero.
Italia: clima perfetto, cibo sublime... Se trovate qualcosa di meglio mi sposto pure io.
Questa è una domanda che mi hanno fatto in molti e la mia risposta è sempre stata: "Voglio lavorare in Italia per creare valore in Italia". Anche se sembra una risposta da patriota novantenne, il concetto è molto semplice: perché andare via dal proprio Paese se c'è ancora terreno fertile per creare valore? L'idea dell'estero rimane, è sicuramente un ottimo modo per ampliare le proprie esperienze.
In Italia c'è una grande carenza di alfabetizzazione digitale e di competenze. Dall'altra, c'è una grande superbia da parte del "middle management" nel pensare di saper fare le cose. I progettisti servono e servono tanto. Ma fare tutto questo in un clima in cui sei sottopagato e considerato come "carne da cannone", difficilmente ti può rendere felice. Se vuoi rimanere in Italia, lottare per ritagliarsi la propria posizione professionale può essere una parte dell'obiettivo. All'estero hai altri problemi ma fai meno fatica su questi preconcetti culturali.
Io ho studiato più all'estero che in Italia, sono tornato e per 6/7 mesi ho lavorato per l'estero da qui. Penso che il nostro Paese non sia male, chi ha avuto l'opportunità di fare esperienza fuori avrà visto che le università e i professionisti stranieri cercano i designer italiani. È molto utile riuscire a rimanere a lavorare in Italia ma allo stesso tempo avere uno sguardo all'estero a livello di frequentazioni, contatti, clienti. Nella mia esperienza il problema che ho riscontrato è che in Italia siamo di più e c'è molta più competizione. In Danimarca, per esempio, i designer sono molti meno e ricevono un sacco di agevolazioni dallo Stato. Qui non abbiamo un ordine professionale riconosciuto, che di per sé già aiuterebbe molto perché significherebbe riconoscere questa professione a livello nazionale. È assurdo che l’Italia sia l’unico Paese europeo in cui la nostra professione non è riconosciuta. Bisogna battersi su questo punto, perché avere un Ordine dei Designer darebbe risalto a questa figura professionale e molte più aziende, oggi, ne scoprirebbero l'importanza.
Ho scelto di rimanere in Italia per motivi personali, nel senso che i miei affetti sono qui e per quanto sia bello fuori... Io voglio restare qui! Penso che si possa essere felicemente creativi anche in Italia, io ho una bella esperienza e sono molto ottimista in questo senso. È una questione di capire qual è il proprio posto nel mondo ma è una scelta più personale che professionale. Dipende da come ti senti, in Italia: se sei stimolato perché ti senti circondato da persone che ti vogliono bene, oppure se stare in Italia ti affossa e ti deprime (in questo caso allora sì, vai all'estero perché quella è la tua strada).
Io sono nata in Canada e mi sono trasferita in Italia, quindi direi di sì, il mio consiglio è di restare! Per vivere felicemente, in Italia, bisogna essere creativi. Quindi sfrutta questa opportunità, sii creativo nella creazione di un tuo lavoro, un tuo progetto di vita che ti faccia stare bene. Nel limite del possibile, fai ciò che ami.
Io ho scelto di rimanere in Italia anche per questioni personali. Sono una delle motivazioni per cui si resta: gli affetti, i familiari. Penso che, soprattutto nel nostro ambito, un'esperienza all'estero possa arricchire un professionista. Però la vedo più così: fai un'esperienza, arricchisciti e poi torna. Oppure un'altra strada, una via di mezzo, è un po' la mia dimensione, perché sono in un'azienda internazionale e ho la possibilità di collaborare con colleghi che sono a Tokyo, in Inghilterra o in Germania. Questo è stato il mio modo di andare all'estero.
Io vivo nel mondo ma fatturo in Italia. Il mio consiglio è di fare molta esperienza all'estero.
Come studio siamo riconosciuti a livello mondiale, lavoriamo tanto per l'estero e stare qui in Italia è effettivamente un handicap per noi. Però siamo veramente felici di quello che siamo riusciti a costruire qui. Ovvio se fossimo in Germania, o a New York, forse sarebbe tutto più semplice. Però la scelta che abbiamo fatto è di star qui, per adesso. Personalmente l'Italia non l'abbandonerei mai, magari aprirei una seconda sede all'estero. Come freelance consiglierei di fare assolutamente un'esperienza fuori, io l'ho fatta e serve tantissimo. Come studio abbiamo deciso di stare in Italia e soprattutto a Torino perché è una città a cui siamo particolarmente affezionati e dove stiamo molto bene. È vero che, lavorativamente parlando, altre città porterebbero ad altro, però quanta serenità porterebbero effettivamente a noi stessi? È una questione di equilibri. Io spero sempre che un giorno si riesca a lavorare più serenamente anche in Italia, noi siamo a Torino da 10 anni proprio per questo, perché ci crediamo.
Forse questo è il momento migliore per essere creativi, in Italia. Gli imprenditori si stanno rendendo conto che hanno bisogno di idee e forse si sta creando anche una cultura per pagarla, l'idea. Dal punto di vista del mercato, quindi, è un momento favorevole. Dal punto di vista dell'esperienza, se hai voglia e possibilità di andare all'estero, viaggiare è sempre positivo. Vedere le dinamiche di altri Paesi, vivere altre culture.
Credo che l'Italia sia un Paese dove c'è un sacco di richiesta: tante possibilità, tanti studi e tante realtà che hanno bisogno del nostro lavoro. Probabilmente se avessi avuto grossa difficoltà a trovare lavoro e avessi avuto una grande occasione all'estero, mi sarei spostato. Però dal momento che sono riuscito a gestire abbastanza bene il lavoro e potendo mantenere gli affetti che ho qui, ho deciso di rimanere senza andare a cercare all'estero. E poi c'è anche il fatto dell'orgoglio: per me è un piacere poter offrire le mie capacità "a casa". Forse sembra tanto patriottico! Però il piacere è anche di stare qui, in Italia, e magari lavorare con l'estero rimanendo qua.
Penso che sia utile andare via dall'Italia, per poi tornare. Io l'ho fatto, insieme al mio socio Ruggero: l'esperienza all'estero è bella e conviene farla, perché poi quando torni apprezzi davvero tanto quello che hai lasciato. In un altro Paese devi riuscire a cavartela, questo aumenta l'autostima e ti fa credere di più in te stesso. Noi siamo tornati molto carichi, pensando: "All'estero ci hanno detto che siamo bravi, allora ce la possiamo fare!". In Italia c'è questo alone negativo costante che ti porta un po' a sottovalutarti, perché non sei gratificato molto spesso. In Danimarca anche quando eravamo studenti e contemporaneamente lavoravamo, sentivamo che il nostro lavoro era davvero apprezzato.
In Italia purtroppo ci si lamenta tantissimo e si tende a non vedere le cose positive... C'è una ricchezza culturale che diamo per scontata e che in molti posti manca: andare alle mostre, al cinema, a vedere il laboratorio o il banchetto per strada. Quando eravamo via, tutte queste cose ci mancavano tantissimo. Certo, andare all'estero ti fa entrare in una mentalità internazionale e ti fai un'idea di come si lavora in Europa e di quali sono i prezzi. Però in Italia si vive bene... Tutti si lamentano ma si sta bene :)
Sì, certo che si può essere felici in Italia! Ognuno fa la sua scelta. Ho vissuto un periodo – come tutti credo – dove volevo andare altrove, nel frattempo però ho iniziato a costruire una rete qua, mi sono appassionato di altre cose e ora questo posto è quello che geograficamente mi piace di più in tutto il mondo. Ci sto bene perché qui sono riuscito a trovare la mia dimensione. Dovrei stare in Italia? Non c'è un sì o un no, ci sono pro e contro che devi valutare a livello personale – inteso come macroinsieme che contiene anche l'aspetto professionale. Non bisogna dimenticarsi di questa gerarchia (dimensione personale, dimensione professionale) che è fondamentale per mantenere una stabilità psicologica e fisica. Cerca di orientare la tua professionalità in modo che serva a nutrire la tua personalità.
Sono molto a favore delle esperienze all'estero, lavorative o di studio – falle mentre studi o subito dopo. Anche quando assumiamo valutiamo molto bene questo aspetto, perché vuol dire che sei andato via di casa prima, hai vissuto da solo in una realtà diversa con un'altra lingua: sono sempre esperienze che ti fanno fare un bel passo avanti. Noi abbiamo studiato e lavorato, in parte, a Parigi e abbiamo vissuto un po' di mesi negli Stati Uniti, a Los Angeles. Ma siamo tornati in Italia. Non è detto che non torneremo di nuovo all'estero in futuro, però siamo molto contenti di aver messo base qui a Torino, perché dopo che stai via tre anni ti vien voglia di tornare. È molto bello nel nostro caso lavorare con gli Stati Uniti, dove i budget sono diversi perché il settore e l'economia sono diversi, ma a vivere là spenderemmo tre volte tanto: questo gap è ottimo! Anche non vivere a Milano ma a Torino è stata una scelta di questo tipo. Scegli dove vuoi vivere, alla fine cambia poco. Fortunatamente abbiamo scelto un lavoro che può essere fatto un po' ovunque. Se sei freelance l'attrattiva di una grande città come Londra o Barcellona può esserci, e sono d'accordo che possa far svoltare una carriera. Dipende un po' dal tipo di persona che sei. Poi, essendo Europei, siamo tra i pochi al mondo che hanno la fortuna incredibile di poter viaggiare ovunque, dove vogliamo. Farlo è quasi un dovere da questo punto di vista!
Questo lavoro ti dà la possibilità di lavorare anche per l'estero senza alcuna difficoltà, oggi tutto è possibile: a noi capita di lavorare almeno al 50% per l'estero, forse di più. Detto questo, secondo me lavorare anche a livello locale è importantissimo, perché nel momento in cui ti incontri di persona con il cliente, è subito un'altra cosa. Devo essere sincero, se non avessi trovato un posto come l'Archivio Tipografico, molto probabilmente non sarei più qui. È questo che mi ha trattenuto a Torino e non me ne sono pentito. Ognuno ha le proprie esigenze, non credo che si debba decidere se trasferirsi all'estero o restare in Italia soltanto per lavoro; è una decisione molto personale.